Isolamento…

Alla fine del lockdown, anche io sono tornato a passeggiare in un parco tra prati fioriti, alberi e cespugli di un verde sgargiante, insetti per niente fastidiosi, uccellini canterini… C’era, sui vialetti, un numero incredibile di persone (ordinate, distanziate), a passeggiare, correre, abbronzarsi al sole, parlare, sorridere, finalmente  libere e rilassate. E questo solo dopo due mesi di “arresti domiciliari”  per niente duri. Ho pensato a chi sta in carcere (duro) da oltre 40 anni, ma anche solo da 20, ma anche solo da 10 anni, da 2 anni o due mesi, a cosa proverà quando tornerà a poter camminare tra prati e persone. Ho pensato a cosa ho provato io e sperato che questa, per tanti, può essere una occasione per capire il carcere e la perdita della libertà.

Un ex detenuto

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L’innocenza

Chi è stato in carcere o lo frequenta sa che quasi tutti i detenuti sono o si dichiarano innocenti. Nonostante questo pagano lunghe pene e questa è la giustizia. Magari dopo pochi giorni vengono scarcerati perchè non colpevoli, oppure perchè il reato non era così grave…. ma intanto sovraffollano e conoscono l’inferno. In questi mesi, tutti (nel mondo) portiamo la pena e la paura di una colpa che è di pochi. A sconvolgere la natura, a scatenare epidemie e povertà globali, morte e sofferenze,  non siamo certo noi, piccoli uomini e donne qualunque. Però tutti ne paghiamo le conseguenze. Ed è giusto così perchè siamo in “concorso di colpa”. Lasciar fare, lasciar correre, non intervenire, è  altrettanto colpevole.  Approfittiamo per capire

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Una passeggiata libera

Lunedì 04/05/2020,
alla fine del lockdown, anche io sono tornato a passeggiare in un parco tra prati fioriti, alberi e cespugli di un verde sgargiante, insetti per niente fastidiosi, uccellini canterini… C’era, sui vialetti, un numero incredibile di persone (ordinate, distanziate), a passeggiare, correre, abbronzarsi al sole, parlare, sorridere, finalmente libere e rilassate. E questo solo dopo due mesi di “arresti domiciliari” per niente duri. Ho pensato a chi sta in carcere (duro) da oltre 40 anni, ma anche solo da 20, ma anche solo da 10 anni, da 2 anni o due mesi, a cosa proverà quando tornerà a poter camminare tra prati e persone. Ho pensato a cosa ho provato io e sperato che questa, per tanti, può essere una occasione per capire il carcere e la perdita della libertà.

Un ex detenuto

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Coronavirus e carcere

Ministro della Giustizia

Dr. Alfonso Bonafede

via Arenula 70 – 00186 Roma

e,per c.

Garante nazionale dei diritti delle persone detenute
o private della libertà personale

Via di San Francesco di Sales 34,
00165 – Roma – Italia

Signor Ministro,

sono da poco uscito dal carcere e ho trovato i detenuti convinti che nessuno meglio di loro, possa essere consapevole della esasperazione che attraversa tutto il mondo carcerario e provoca le esplosioni di rabbia e violenza di cui sentiamo notizia in questi giorni.

Sovraffollamento, carenze strutturali, carenze sanitarie, carenze di personale, sono diventati un pò ovunque la normalità. E ora si è aggiunto il virus e le ulteriori restrizioni.  Come tante altre volte sentono discorsi sui doveri collegati ai diritti, su responsabilità individuali e collettive. Hanno il dovere di adottare abitudini a salvaguardia della salute, ma i loro diritti, anche i più semplici vengono negati. Vorrebbero indicazioni dal Governo o dal Ministro su come possono rispettare alcune regole: per esempio il metro di distanza l’uno dall’altro, oppure lavarsi spesso le mani se mancano saponi e disinfettanti. Più facile sarà non darsi la mano e non abbracciarsi visti i divieti agli incontri. Non forzeranno varchi e i blocchi e si chiuderanno diligentemente “in casa”. Sono già chiusi in una Casa, ma Circondariale, e questo aggettivo indica in pratica una condizione di coazione per coloro che vi lavorano o vivono.

Alla notizia delle rivolte a Salerno, Napoli, Foggia, Modena, Milano, Rebibbia si sono fermati per confrontarsi, per parlarne. Forse piccoli numeri e una gestione tranquilla evitano le esplosioni. Ma se il virus entra in carcere, è tragedia sicura, il contagio è garantito e la terapia, intensiva o non, impraticabile. Già si fatica fuori, figurarsi dentro. Per questo c’è bisogno di attenzione, di informazioni e collaborazione, indicazioni su tempi e modi delle misure adottate.  Lo scontro con lo Stato, le tragedie come a Modena, non giovano, non risolvono nulla, anzi aggravano. Una volontaria, oggi, fuori dal carcere di Modena, dove entra da 30 anni, piangeva e tra le lacrime diceva che questa è una sconfitta soprattutto per lo Stato. I manganelli, i lacrimogeni, gli spari non aiutano. Bruciare materassi o salire sui tetti, attira un attimo di attenzione, si può urlare, ma niente di più. E il prezzo è carissimo: morti, feriti, anni di nuovo carcere. Se è vero che si esce dall’epidemia, come ripetono a ruota su radio, tv e giornali, solo se ci si aiuta a vicenda, diamo a tutti l’opportunità di aiutarsi e di aiutarci.

Si è capito che la situazione è critica in Italia e nel mondo intero. Ma fuori non si è capito che la situazione delle carceri era critica da molto prima che arrivasse il virus, ed ora è tragica. Evitare le tragedie che si possono evitare è un dovere di tutti ed è anche un mio auspicio. Voglio sperare che queste emergenze diventino l’occasione per capire che il carcere è una parte della società, che le mura non fermano i virus, la rabbia, la malattia, la disperazione, la mancanza di diritti e di prospettive. Tutto entra e tutto esce. Fuori non ci si può sentire protetti se non lo si è anche dentro.

Vincenzo Russo

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Carcere di Pisa. Esposto presentato alla Procura della Repubblica

Al Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Pisa

Cons. Alessandro Crini

OGGETTO: ESPOSTO SU CONDIZIONI DI DETENZIONE NEL CARCERE DI PISA

Roma, 27 ottobre 2016

Egregio Consigliere Alessandro Crini,

domenica scorsa, 23 ottobre 2016, ho visitato il carcere Pisa, assieme ad una delegazione dell’Associazione Andrea Tamburi di Firenze composta da Maurizio BuzzegoliMassimo Lensi, Vincenzo Russo, Emanuele BaciocchiAlessandra Impallazzo. La visita era stata autorizzata dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ai sensi dell’articolo 117, comma 2, del DPR n. 230 del 2000 (Regolamento penitenziario).

La delegazione è stata condotta in visita dal Comandante dell’istituto, dott. Vincenzo Pennetti, mentre il Direttore, assente per motivi di salute, il giorno successivo ha recapitato alla scrivente via email, il questionario debitamente compilato che avevamo trasmesso tramite il DAP, questionario che alleghiamo alla presente in quanto, già dalle risposte fornite si comprende come l’Istituto si trovi in palese violazione della normativa vigente.

In particolare, emerge che, a fronte di una capienza regolamentare di 210 posti, i detenuti presenti – tutti comuni – sono 266, 242 uomini e 24 donne. 143 sono i detenuti con condanna definitiva, mentre coloro che sono in attesa di giudizio sono ben 123 (46,2%), di cui ben 62 imputati (23,3%). Non pochi detenuti si trovano reclusi per scontare “un vecchio reato” che prevede anche solo pochi mesi di detenzione.

Nell’istituto di Pisa, dove si trovano 169 stranieri (160 uomini e 9 donne), cioè il 63,5% della popolazione detenuta, non c’è la figura del mediatore culturale, con tutti i problemi che ne conseguono per la presentazione delle istanze e/o reclami di ogni genere sia alla Direzione che al Magistrato di Sorveglianza.

I detenuti dichiaratisi tossicodipendenti sono 71 (60 uomini e 11 donne); di loro, 29 uomini e 5 donne sono in terapia metadonica. I sieropositivi sono 7, tutti uomini, mentre i detenuti affetti da epatite C sono 29 (24 uomini e 5 donne); i casi psichiatrici gravi sono 11 (7 uomini e 4 donne); i disabili motori sono 2, un uomo e una donna e occorre tenere presente che l’istituto (e le celle) NON è accessibile ai disabili motori i quali rischiano costantemente di cadere compiendo gli atti quotidiani della vita e di scivolare nelle docce (se tali possiamo definirle, considerata la loro insalubrità).

Su 266 detenuti sono solo 63 coloro che svolgono un’attività lavorativa; nella realtà dei fatti per 45 di loro trattasi di lavori interni al carcere (scopino, porta-vitto, spesino… lavori nient’affatto professionalizzanti e difficilmente spendibili una volta finita di scontare la pena) svolti per poco tempo e retribuiti con mercedi miserrime. Tutto il resto della popolazione detenuta passa la giornata nell’ozio e nella disperazione più completa. L’istituto è privo di palestra, ha il campo sportivo ma è inagibile e non è dotato di area verde per i colloqui con i familiari.

Ma ciò che ha sconvolto la delegazione in visita è stata la sporcizia e la fatiscenza dei luoghi di detenzione: mura scrostate e tappezzate con carta di giornale per coprire le sozzure stratificate sulle pareti, materassi indecenti, gabinetti a vista così che i detenuti devono defecare e orinare alla presenza dei loro compagni di cella e del personale penitenziario, scarichi wc e rubinetti rotti, reti fisse alle finestre che impediscono l’ingresso della luce e dell’aria, docce immonde, assenza dell’acqua calda in cella cosicché i detenuti debbono lavare i loro poveri indumenti con l’acqua fredda e appenderli in stenditoi di fortuna in cella. Il pericolo di trasmissione di malattie infettive in tale situazione di degrado igienico-sanitario è altissimo. La ASL, chiamata semestralmente a constatare lo stato dei luoghi, ha effettuato l’ultima visita il 13 aprile scorso evidenziando la compromissione della salubrità delle celle e di altri luoghi frequentati da detenuti e personale: purtroppo, nulla è accaduto da allora.

Non è un caso, ad avviso della scrivente, che nel carcere di Pisa, nel corso di quest’anno si siano verificate due morti; che nel 2015 si sia suicidato un detenuto; che gli atti di autolesionismo dei detenuti ammontino a ben 184 e che le aggressioni nei confronti degli agenti siano stati 10. Lo stato di sofferenza e di prostrazione della popolazione reclusa è elevatissimo. Anche il personale, costretto ad operare nelle condizioni descritte, è apparso abbattuto, quasi umiliato a dover imporre ad altri esseri umani trattamenti così degradanti.

Si segnala anche la presenza in carcere di una detenuta con gravi problemi psichici, ricoverata nel Centro Clinico femminile del carcere. La ragazza in questione è sottoposta a una misura di sicurezza provvisoria per pericolosità sociale e, per questa ragione, non dovrebbe essere reclusa in un carcere, ma in una Rems (Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza), come previsto dalla legge 81/2014, per le necessarie cure di natura ambientale e farmacologica. Da quanto appreso nel corso della visita, nonostante l’interessamento dei medici che hanno in cura la ragazza, non è stato possibile trasferire questa persona in carico alla Asl competente e/o in una struttura sanitaria adeguata a causa di mancanza di posti liberi sia nella struttura Rems di Castiglione delle Stiviere (Mantova, Lombardia) sia in altra località, preferibilmente più vicina come prescritto dalla norma relativa alla regionalizzazione degli internati psichici ex legge 81. La Toscana ha attualmente attiva solo una Rems in località Volterra, già piena e interamente dedicata agli uomini. Pur essendo il Centro Clinico femminile in condizioni migliori rispetto al resto della struttura penitenziaria di Pisa, si annota, tra i numerosi problemi, anche una scarsa coesione tra carcere e strutture territoriali preposte a garantire il diritto alla salute in carcere, come la Regione Toscana e le Asl.

A quanto ci ha riferito la Direzione nelle risposte al questionario, il Magistrato di Sorveglianza “si reca in sezione per i colloqui con i detenuti” ogni 15/20 giorni, ma non è chiarito se visita le celle di detenzione. Nel caso in cui lo abbia fatto come prescritto, c’è da meravigliarsi del mancato intervento, considerato che per l’art. 69 O.P egli può esprimersi anche con “disposizioni dirette ad eliminare eventuali violazioni dei diritti dei condannati e degli internati”. In particolare, la sentenza della Corte Costituzionale n. 266 del 23 settembre 2009, nel rivalutare il ruolo complessivo del Magistrato di Sorveglianza nei suoi rapporti con le altre istituzioni ed in particolar modo con l’amministrazione penitenziaria, precisa che «…la norma (l’articolo 69 O.P.), nel quinto comma (ultimo periodo) dispone che il magistrato di sorveglianza «impartisce, inoltre, nel corso del trattamento, disposizioni dirette ad eliminare eventuali violazioni dei diritti dei condannati e degli internati». La parola «disposizioni» – precisa la Corte Costituzionale – nel contesto in cui è inserita, non significa segnalazioni o inviti (tanto più che questa modalità d’intervento forma oggetto di apposita previsione nel primo comma dell’articolo 69), ma prescrizioni ed ordini, il cui carattere vincolante per l’amministrazione penitenziaria è intrinseco alle finalità di tutela che la norma stessa persegue»; i commi 1 e 2 dell’art. 69 della legge 26 luglio 1975, n. 354 stabiliscono che “Il magistrato di sorveglianza vigila sulla organizzazione degli istituti di prevenzione e di pena e prospetta al Ministro le esigenze dei vari servizi, con particolare riguardo alla attuazione del trattamento rieducativo. Esercita, altresì, la vigilanza diretta ad assicurare che l’esecuzione della custodia degli imputati sia attuata in conformità delle leggi e dei regolamenti”; l’art. 5 del D.P.R . n. 230 del 30 giugno 2000 prevede che “Il magistrato di sorveglianza, nell’esercizio delle sue funzioni di vigilanza, assume, a mezzo di visite e di colloqui e, quando occorre, di visione di documenti, dirette informazioni sullo svolgimento dei vari servizi dell’istituto e sul trattamento dei detenuti e degli internati.”; il 1° comma dell’art. 75 del D.P.R . n. 230 del 30 giugno 2000 prevede altresì che “Il magistrato di sorveglianza, il provveditore regionale e il direttore dell’istituto, devono offrire la possibilità a tutti i detenuti e gli internati di entrare direttamente in contatto con loro. Ciò deve avvenire con periodici colloqui individuali, che devono essere particolarmente frequenti per il direttore. I predetti visitano con frequenza i locali dove si trovano i detenuti e gli internati, agevolando anche in tal modo la possibilità che questi si rivolgano individualmente ad essi per i necessari colloqui ovvero per presentare eventuali istanze o reclami orali. (…)”.

Tutto quanto prescritto dalla normativa sopracitata nell’individuare i compiti del giudice di sorveglianza, non sappiamo se a causa della carenza degli organici, appare totalmente ignorato. Del resto, anche i giudici che hanno predisposto la custodia cautelare nel carcere di Pisa sembrano ignorare del tutto le condizioni di detenzione. Stessa osservazione vale per il Provveditore Regionale e per il Garante Regionale delle persone private della libertà.

Appare infine doveroso comunicare che nel carcere di Pisa non vige alcun “regolamento interno”, come predisposto dall’art. 36 del DPR 30 giugno 2000, n. 230 e, di conseguenza, esso non viene consegnato ai detenuti al momento dell’ingresso in carcere per conoscere quali siano i diritti e i doveri ai quali si debbono attenere.

Nel ringraziarla per l’attenzione, chiedo di essere informata sull’esito del presente esposto, ed eventualmente di essere avvisata della eventuale richiesta di archiviazione ai sensi dell’art. 408 del c.c.p. e ss.

Rita Bernardini

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Sollicciano, un’altra vita si è spenta

Dopo tanti giorni di pioggia incessante, finalmente un  po’ di tiepido sole. Il telefono squilla. Rispondo. Un’ombra, di quelle scure, più volte conosciuta, mi rabbuia il viso. Nel tragitto in auto non riesco a pensare a niente. Sono talmente tante le riflessioni che mi aggrediscono, che la mente si rifiuta di ordinarle e così si annullano l’un l’altra. Arrivo. Routine del caso. E poi… il sordo rumore di chiavi, l’odore di umido, il freddo nel cuore. Le porte di Sollicciano si aprono. Continue reading

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Bimbi in Carcere

Il 20 novembre 1989, a New York l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvava la Carta dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza dando vita a quella Convenzione ONU che diventerà tra le più sottoscritte al mondo. Ben 193 paesi si sono assunti la responsabilità di proteggere i bambini di qualsiasi etnia, religione, sesso o cultura attraverso la garanzia dell’istruzione, del benessere, della libertà, della salute e della qualità della vita. Nei 54 articoli si trova la promessa solenne fatta ai bambini, di farli crescere in un clima di benessere come loro primario diritto di vita.

Ascoltarli, non discriminarli, tutelarli. Semplicemente amarli.

Ma sono davvero protetti i nostri bambini? Continue reading

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L’affettività negata

L’art. 27 della Costituzione Italiana recita:

“La responsabilità penale è personale. […]

Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”

Come Sacerdote che svolge la sua opera quotidiana nel Carcere di Sollicciano a Firenze, sono costantemente impegnato a dare speranza e lottare per i Diritti dei detenuti e ho rivolto la mia richiesta di aiuto anche al nostro amatissimo Papa Francesco che con la Sua sensibilità ci è vicino. Continue reading

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L’esorcismo ipocrita della mostrificazione

Arresto Riccardo Viti

Si chiama Riccardo Viti ed è responsabile della morte di Andrea Cristina Zamfir, romena di 26 anni, trovata crocifissa ad una sbarra di ferro sotto un ponte tra Firenze e Scandicci. L’uomo è stato arrestato e si trova nel carcere di Sollicciano.

Col suo arresto (e a quanto se ne sa, la sua confessione) è partito ad opera dei media il repertorio penoso della mostrificazione, spintosi fino al coinvolgimento della madre di Riccardo costretta a pronunciarsi in sintonia col coro. Continue reading

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Il Focolare della Madonnina del Grappa

ilfocolareIl Focolare è una rivista della Madonnina del Grappa …

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